L'Occhio infinito di Galileo - Apollonio di Perga e gli epicicli
Malgrado si eseguissero misurazioni eccezionali e si avessero
intuizioni geniali, va ricordato che il pensiero dominante, di tipo
filosofico-religioso, seguiva le indicazioni di Platone e dei
pitagorici che vedevano l’universo come una successione di sfere
cristalline, quindi solide, che trasportavano in successione nei
loro movimenti attorno alla Terra, naturalmente immobile al centro
del cosmo, la Luna, il Sole, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno
e da ultimo la sfera delle stelle fisse. Soprattutto erano
assolutamente indiscutibili gli assiomi della circolarità dei moti
di tutti gli astri (il cerchio era la figura geometrica che
maggiormente racchiudeva i caratteri della perfezione) e della
uniformità nel percorrerli. Dove Platone proponeva innovazioni
rispetto a Pitagora era nell’esortare gli astronomi a escogitare
rigorosi metodi matematici che avrebbero permesso di spiegare le
irregolarità (stazionamenti, moti retrogradi e apparenti variazioni
di velocità) che venivano riscontrate nei moti planetari, salvando i
fenomeni, cioè preservando i due assiomi pitagorici di cui sopra.
Ricordiamo infatti che il moto apparente dei pianeti è piuttosto
complesso, presentando traiettorie che formano “cappi” e che variano
di velocità. Tutte cose che NON potevano essere spiegate con il
semplice moto attorno alla Terra.
Il tipico moto apparente di un pianeta. Si nota il “cappio”, il
cambiamento di direzione e la variazione di velocità.
Partendo quindi da idee errate, la grande capacità razionale e
matematica dei greci riuscì a trovare modelli che spiegassero le
anomalie riscontrate, in modo da non collidere con i principi
fondamentali. Una grande fatica inutile, se vogliamo, ma una prova
straordinaria delle applicazioni geometriche e matematiche, che
porteranno alla fine al meraviglioso, anche se completamente
sbagliato, modello tolemaico.
Apolonnio di Perga fu forse il primo a dare una versione scientifica
alle incongruenze che apparivano nel modello pitagorico e di
Platone. Egli visse dal 262 al 190 a.C. circa ed era noto come “il
grande geometra”. Ebbe una grande influenza sullo sviluppo della
matematica, specialmente per la sua opera più famosa, le coniche, in
cui introdusse termini matematici quali ellisse, parabola, iperbole,
che continuano ad essere usati.
Come già detto, fin dai tempi più antichi si erano osservate delle
irregolarità nei movimenti del Sole e dei pianeti che non potevano
spiegarsi con il consacrato moto angolare circolare ed uniforme.
Secondo la terminologia introdotta dai matematici greci, si usavano
le parole anomalia o anche inegualità per indicare qualsiasi
irregolarità nei moti dei corpi celesti. La scoperta dell’anomalia
solare risale talmente indietro nel tempo che è in pratica assurdo
parlare di una sua scoperta. E’ però difficile pensare che uomini
della levatura di Talete o di Anassimandro non abbiano meditato su
di essa. Quanto ai Pitagorici, non ci sarebbe da meravigliarsi se,
inorriditi, l’abbiano semplicemente rimossa. Quando l’evidenza delle
osservazioni mostrò inequivocabilmente che anche per i pianeti si
aveva un’anomalia, venne d’uso attribuirle il nome di anomalia
zodiacale (velocità angolari diverse manifestate da Sole e pianeti
in diverse parti dello zodiaco). Constatando poi che i pianeti
manifestavano una anomalia tutta loro particolare (le
retrogradazioni, ossia quegli strani “cappi” che descrivono nel
cielo), a quest’altra irregolarità si attribuì il termine di seconda
anomalia (e di conseguenza venne chiamata talvolta prima anomalia
l’anomalia zodiacale). Per spiegare le anomalie, Apollonio
introdusse in modo rigorosamente matematico le costruzioni
geometriche degli epicicli e degli ex-centri.
Prima di procedere alla loro descrizione dobbiamo partire
dall’epoca, invero molto remota, in cui si ebbe la cognizione della
anomalia solare, che per gli Antichi era riscontrabile, in pratica,
nelle differenti durate delle stagioni. Il primo che sembrerebbe
aver eseguito una sua misura fu Callippo, nel 330 a.C. Ma le sue
misurazioni furono alquanto imprecise (non disponeva di osservazioni
attendibili di suoi predecessori). Non è da escludere comunque che
anche prima di Ipparco (vedi nel seguito), che intorno al 130 a.C.
eseguì la migliore determinazione di durata dell’anno e delle
singole stagioni, i Greci avessero stabilito che le durate delle
stagioni si potevano illustrare con uno schema come quello della
figura che segue (la primavera è la più lunga, seguita dall’estate,
poi dall’inverno e da ultimo dall’autunno, quindi ben differenti
dalle durate delle stagioni odierne).
Per spiegare l’anomalia solare, ossia la durata diversa delle
stagioni, fin da epoche remote si era forse pensato di porre il
centro C dell’orbita solare fuori dalla Terra T (ex-centro). In tal
modo si spiegava anche la velocità apparente del Sole più alta in P
che non in A. Ciò era solo dovuto alla diversa distanza ed il moto
circolare uniforme restava un assioma inviolato.
E quindi ancor prima di Apollonio, la diseguale durata delle
stagioni avrebbe forse suggerito che l’anomalia solare poteva essere
spiegata collocando il centro dell’orbita fuori del centro della
Terra (ex-centro), come appare nella figura precedente. Ciò avrebbe
spiegato come poteva avvenire che, pur descrivendo il Sole
l’eclittica a velocità costante e con orbita circolare, dalla Terra
apparisse che il tratto di orbita dalla parte più vicina era
percorso a velocità maggiore di quella a cui era percorso il tratto
dalla parte opposta.
Apollonio, da grande matematico, introdusse una costruzione
geometrica particolare, dimostrando l’equivalenza con quella della
figura precedente, continuando ad obbedire completamente ai canoni
risalenti alla scuola pitagorica e consacrati dalla fisica
aristotelica, che dovevano essere conservati. Questi canoni
astronomici, già accennati precedentemente nella loro espressione
esteriore, possedevano una intima valenza trascendente che andava
ben oltre la loro semplice apparenza geometrica: erano i “fenomeni
da salvare”, cioè: (1) l’orbita solare è un cerchio, (2) la Terra,
essendo centro del cosmo, deve essere centro di questo cerchio e (3)
la velocità del Sole su questo cerchio deve essere costante. Vediamo
allora in dettaglio come sia riuscita in questa dimostrazione. Ci
rendiamo perfettamente conto che questa trattazione potrebbe
apparire un po’ ostica a molti lettori. Tuttavia, li invitiamo ad un
piccolo sforzo, in quanto la nascita degli “epicicli” è fondamentale
per il seguito delle teorie planetarie introdotte e seguite fino ai
tempi di Galileo Galilei.
Il Sole si muove con un periodo di un anno su un cerchio perfetto
con moto uniforme ed in senso orario, detto epiciclo, il cui centro
K circola a sua volta, in senso antiorario, con moto uniforme e con
lo stesso periodo di un anno, su un altro cerchio, detto deferente,
che ha per centro la Terra.
Secondo Apollonio, dunque, il Sole circola con periodo di un anno,
con moto uniforme e in senso orario su un cerchio, detto epiciclo,
il cui centro circola a sua volta, in senso antiorario e con lo
stesso periodo di un anno, su un altro cerchio, detto deferente,
centrato nel centro della Terra. Vengono così conservati i principi
base: cerchi perfetti, moti uniformi e Terra al centro.
In questa combinazione di movimenti il raggio dell’epiciclo del Sole
si mantiene sempre orientato parallelamente ad una certa direzione.
Ciò però è equivalente a dire che il Sole descrive un cerchio di
raggio eguale al raggio del deferente, ma il cui centro è spostato
fuori del centro della Terra (ex-centro) di una quantità pari al
raggio dell’epiciclo solare. In definitiva quindi è come se il Sole
circolasse su un cerchio (uguale al deferente) ma avente centro
diverso dalla Terra. L’equivalenza è perfettamente dimostrata, come
illustrato nella figura che segue.
La teoria geometrica degli epicicli e del deferente permetteva di
ottenere lo stesso risultato di un orbita circolare del Sole attorno
ad un punto C (ex-centro) non coincidente con la Terra.
Veramente un’operazione matematica e geometrica geniale, anche se
del tutto … sbagliata. In modo analogo, anche se più complicato,
Apollonio spiegava il moto dei pianeti interni ed esterni, dando
ragione di molte anomalie. In realtà però molte cose non tornavano
esattamente. Tuttavia, lo studioso, essendo soprattutto un
matematico, non se ne curò più di tanto.
Resta comunque valido il fatto che la piattaforma matematica di
Apollonio sarà quella che consentirà a Tolomeo di conseguire i suoi
notevoli progressi astronomici. E’ quindi del tutto lecito accordare
ad Apollonio un posto di assoluto rilievo.