Il motivo per cui, dopo Tolomeo, per ben quattordici secoli la
scienza astronomica non fece più progressi, si può individuare in
varie cause. Prima fra tutte il decadimento dell’Impero romano e la
netta scissione tra Europa occidentale e orientale che lo
caratterizzò: ciò contribuì a far sì che in occidente si
dimenticasse quasi completamente il bagaglio scientifico dei greci.
Inoltre la diffusione del cristianesimo portò con sé una tendenza ad
interpretare letteralmente la Bibbia. Nel libro della Genesi sono
riportate ingenue nozioni astronomiche prese a prestito da altri
popoli. Affermazioni di questo tipo non furono particolarmente
dannose per il popolo ebreo che non aveva mai avuto un grande
interesse per l’astronomia, ma determinarono un grave regresso e
rallentamento dello sviluppo di questa scienza in occidente. Si
ritornò perfino a deridere la sfericità della Terra, prima grande
scoperta dei greci.
Bisogna aspettare il sedicesimo secolo perché si avvii una vera e
propria rivoluzione astronomica. Anche se il merito di tale
cambiamento epocale viene dato solitamente a
Niccolò Copernico, va
ricordato che egli fu in pratica solo l’iniziatore di un lungo e
tormentato processo di rinnovamento culturale che portò alla visione
newtoniana del mondo. Egli nacque a Torun (Polonia) nel 1473 e morì
nel 1543.
In realtà l’idea che la rotazione degli astri potesse essere
apparente e dovuta al moto della Terra, era già stata avanzata
nell’antichità da vari filosofi quali Eraclide ed Aristarco. Ma
Aristotele e Tolomeo, pur prendendola in considerazione, non la
ritennero accettabile, sulla base di considerazioni che, per le
conoscenze scientifiche del tempo, erano difficilmente confutabili.
Inoltre il moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole, avrebbe
comportato una diversa posizione angolare delle stelle durante
l’anno (la parallasse di Aristarco), che, tenendo conto delle
dimensioni dell’universo allora accettate, doveva essere apprezzata
anche a occhio nudo.
Il modello, detto eliocentrico, di Copernico in realtà non portava
nessuna semplificazione nei calcoli per la previsione delle
posizioni degli astri. Il grande polacco rimase sempre molto
influenzato dal pensiero pitagorico e platonico e mantenne la
circolarità dei moti. Uno dei motivi fondamentali che portarono
Copernico ad abbandonare il sistema Tolemaico fu il desiderio di
eliminare l’equante, cioè la presenza di un moto circolare la cui
velocità era uniforme non rispetto al centro della circonferenza, ma
ad un altro punto, in evidente contrasto con il dettato platonico.
Per poter spiegare tutti i fenomeni, senza ricorrere ad equanti,
dovette comunque introdurre sfere eccentriche ed epicicli. Ne
risultò alla fine un sistema la cui complessità era paragonabile, se
non addirittura maggiore, di quella del sistema tolemaico.
Il sistema copernicano non rappresenta quindi il sistema
eliocentrico oggi noto, proprio per il difetto di conservare una
struttura ad epicicli (pur parzialmente semplificata rispetto a
quella tolemaica). I moti ellittici dei pianeti erano ancora
interpretati come composizione di moti circolari. Soltanto con le
leggi empiriche di Keplero si riuscì a superare questo antico
“pregiudizio”. Il vero aspetto rivoluzionario dell’opera di
Copernico risiede nel fatto che, dopo di lui, molti scienziati
cominciarono a credere nella realtà fisica del modello.
Vediamo allora in maggiore dettaglio quali furono i punti fermi su
cui si basò l’opera di Copernico:
Da questi assiomi preliminari si vede subito che la rottura di
Copernico con la vecchia cosmologia non è così netta come ci si
sarebbe aspettato. Il centro del cosmo di Copernico non è nel centro
del Sole ma vicino al centro del Sole. Precisamente esso è situato
nel centro dell’orbita terrestre, la quale è eccentrica rispetto al
Sole. Il centro della Terra continua poi a mantenere nel cosmo una
funzione privilegiata essendo il punto verso cui convergono tutti i
corpi pesanti ed il centro dell’orbita lunare. Nel quarto punto
Copernico aderisce alla concezione che Aristarco di Samo aveva
enunciato milleottocento anni prima. Nel quinto, accettando la
immobilità delle stelle fisse, Copernico ammette implicitamente la
realtà di una superficie sferica concava sulla quale esse sono
incastonate. Ma le basi rivoluzionarie ci sono tutte, soprattutto
nella frase: “la Terra rivolge attorno al Sole come ogni altro
pianeta”. L’ultimo punto è poi una specie di accorato appello ai
suoi contemporanei affinché lo seguano e lo aiutino a dimostrare
tutti i moti apparenti degli astri attraverso il solo moto della
Terra. Lui aveva fatto tanto, ma ancora tanto si poteva fare …
La figura che segue illustra in maniera estremamente elementare e
schematica il sistema copernicano. Come si vede, i moti sono sempre
circolari ed uniformi. Copernico ricorre sempre agli epicicli,
tranne che per la Terra e per la Luna. La figura che segue rispetta
grossolanamente la proporzione per le distanze dei pianeti dal Sole.
La Terra è mostrata ruotare attorno al Sole, ma in realtà il centro
della sua orbita è vicino alla stella, come si vedrà nella figura
successiva. La distanza della sfera delle stelle fisse è invece
fuori proporzione in quanto per Copernico doveva essere considerata
a distanza grandissima.
Il sistema copernicano estremamente schematizzato. In realtà la Terra ha come centro della sua orbita un punto vicino al Sole, come vedremo nella prossima figura. La Luna le orbita attorno ed entrambe non hanno epicicli. Le stelle fisse dovrebbero essere inserite a ben più grande distanza.
Presentazione del progetto
Prima di Galileo: la luce dei Greci e il
buio del Medioevo
Galileo Galilei: Chi era costui?