L'Occhio infinito di Galileo - Claudio Tolomeo e la
perfezione di un modello sbagliato
Claudio Tolomeo, il cui modello dell’universo sarà ritenuto valido
fino alla rivoluzione copernicana (oltre quattordici secoli dopo),
vive tra il 90 ed il 170 dopo Cristo ad Alessandria d’Egitto. La sua
opera fondamentale è l’Almagesto, nome tratto dalla traduzione
datagli dagli arabi, “al-majisti” (il grandissimo). Con essa Tolomeo
si proponeva di fornire un compendio di nozioni astronomiche atte a
spiegare il sistema cosmologico in tutte le sue espressioni.
Partendo dai modelli matematici degli epicicli e degli ex-centri,
come quello di Apollonio visto precedentemente, produsse, quale
risultato finale, una procedura matematica predittiva delle
posizioni di ciascun pianeta. Nel sistema tolemaico il deferente è
però eccentrico rispetto alla Terra ed il moto del centro
dell’epiciclo lungo il deferente è uniforme rispetto ad un punto (equante)
simmetrico della Terra rispetto al centro del deferente stesso.
Insomma un’ulteriore complicazione pur di descrivere al meglio i
fenomeni osservati.
Il moto di un pianeta esterno secondo Tolomeo. Esso ruota su un
epiciclo in un anno e questo descrive un deferente centrato in D nel
periodo proprio del pianeta, ma con velocità NON uniforme. Solo
rispetto all’equante (simmetrico della Terra rispetto a D) il moto è
uniforme. In realtà la Terra cessa di essere al centro dell’universo
e mantiene solo la prerogativa di restare immobile.
Malgrado sia universalmente conosciuto come sistema geocentrico, la
Terra comincia a perdere il proprio ruolo centrale nell’universo,
mentre il Sole acquista un ruolo essenziale nel moto di tutti i
pianeti: infatti il periodo del moto lungo l’epiciclo dei pianeti
esterni (Marte, Giove e Saturno) e quello dell’epiciclo lungo il
deferente dei pianeti interni (Mercurio e Venere) coincide con
quello del moto apparente del Sole (un anno). Alla Terra rimane però
sempre la prerogativa di restare immobile. In realtà solo questa
radicata convinzione può aver impedito a Tolomeo ed ai suoi seguaci
di accorgersi che tutta la sua complicata costruzione sarebbe
crollata e che tutti i movimenti apparenti dei pianeti potevano
essere spiegati più semplicemente attribuendo tale periodo di un
anno al moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole. Sarebbero
automaticamente spariti tutti gli epicicli.
Una trattazione grafica accurata del complesso e sofisticato modello
tolemaico sarebbe sicuramente di difficile e faticosa comprensione,
talmente è alto il numero di deferenti, epicicli e via dicendo.
Basta sintetizzare ricordando che l’oggetto più vicino, la Luna, non
ha epiciclo e che il Sole ha un movimento eccentrico senza epicicli.
Il moto dei pianeti è invece basato sugli epicicli. Chiude il tutto
la sfera delle stelle fisse riunite in 48 costellazioni. Le figure
che seguono ne danno una visione molto schematizzata e semplificata
in quanto presentano l’imperfezione di non mostrare l’eccentricità
dei cerchi deferenti. Mantengono però uno dei principi cosmologici
propri della teoria tolemaica: nell’universo non si devono avere
spazi vuoti, o meglio, spazi inutilizzati: ogni epiciclo deve essere
tangente all’epiciclo successivo.
I pianeti interni secondo Tolomeo. La Luna ed il Sole non hanno
epicicli, mentre li hanno Mercurio e Venere. Notare che la
congiungente Terra-Sole contiene anche i centri degli epicicli di
Mercurio e Venere.
I pianeti esterni secondo Tolomeo. I tre pianeti al di là del Sole
descrivono tutti degli epicicli che sono tra loro tangenti, dato che
uno dei principi cosmologici della sua teoria dice che non possono
esistere spazi vuoti nell’universo.