L'Occhio infinito di Galileo - Gli inizi

L’Astronomia, o meglio l’astrologia, nasce con l’uomo. Fin dalla preistoria l’osservazione del cielo e dei suoi oggetti giocava un ruolo fondamentale sia nella religione che nelle pratiche di tutti i giorni. Resta famoso il dipinto ritrovato nella grotta di Lascaux, dove circa 16500 anni fa sono stati ritratti un Toro (simbolo dell’omonima costellazione) e, sopra di esso, un gruppetto di stelle perfettamente simili alle Pleiadi.


A sinistra: La “V” del Toro (Iadi) e le Pleiadi nel cielo odierno - a destra: Le corna del Toro e le supposte Pleiadi nella grotta di Lascaux

Sia presso gli egiziani che soprattutto presso i babilonesi si era arrivati a descrivere i fenomeni celesti più appariscenti con grande precisione. Proprio a questi ultimi si deve la misurazione sessagesimale e lo studio accurato dei moti solari. Tuttavia è solo con la civiltà greca che nasce veramente l’astronomia come scienza. Nel periodo che va all’incirca dal 700 a.C. al 400 d.C., non ci si limita più all’osservazione del cielo con lo scopo di collegare i fenomeni celesti con lo svolgimento di pratiche lavorative o di auspici astrologici, ma si entra in un campo nuovo, cercando di spiegare e di descrivere l’Universo come entità a sé stante. Nasce la vera speculazione scientifica. E si arriverà a livelli che dovranno poi aspettare secoli e secoli per essere nuovamente compresi e sviluppati.

Tuttavia, va tenuto presente, per meglio comprendere come la teoria geocentrica sia rimasta un atto di fede per secoli e secoli, che il modello della perfetta armonia era la base su cui si muoveva la dottrina portante dell’antica Grecia. Ed è proprio questa visione che portò alla costruzione stupefacente, accurata e geniale di Tolomeo, che riuscì con una complicata geometria a spiegare quasi completamente i fenomeni osservabili, pur basandosi su un’idea di base completamente errata. Egli riuscì a mettere d’accordo la visione spirituale con una complessa ed acuta trattazione scientifica. Ne segue che molte delle grandi intuizioni astronomiche greche che citeremo nel seguito sono spesso singoli episodi “trasgressivi” o rappresentano scoperte scientifiche comunque inseribili nella concezione “ufficiale” generale. Non ci fu mai una vera scuola “alternativa” in grado di sconvolgere le idee di base. Solo dopo Copernico si riuscì a costruire una scuola di pensiero completamente diversa che diede il via ad una scuola di pensiero unificata.

Sarebbe troppo lungo e complesso citare tutti i grandi pensatori e “matematici” (come venivano chiamati allora, l’astronomia era infatti un branca della matematica) che hanno portato qualche tassello fondamentale (spesso caduto poi nell’oblio) alla comprensione del cielo stellato. Prenderemo in considerazione solo alcuni personaggi, che forse più di altri hanno modificato o chiarito fenomeni prima di allora incompresi. Tra errori ed imprecisioni dovuti spesso alla scarsa tecnologia ed ai limiti degli strumenti di
misura, assisteremo a qualcosa di molto simile a veri e propri capolavori “artistici” e non solo scientifici, talmente geniali sono state le intuizioni.

Spesso i personaggi sono avvolti nella nebbia dei secoli e sono poco chiare le loro opere ed i loro risultati. Magari quello che è attribuito ad uno è invece opera di un suo allievo o viceversa. Ma questo poco importa. Non è il valore del singolo personaggio la parte più importante, ma quello che in pochi secoli è stato estratto dalla mente umana, mai prima di allora così logica, intuitiva e precisa (e ciò varrà poi anche per molti secoli futuri). Nel testo ci limiteremo ai concetti base per capire le interpretazioni, le misurazioni, i modelli. Nelle didascalie delle figure entreremo nei dettagli più tecnici, per chi volesse addentrarsi maggiormente nelle trattazioni specifiche.

L’inizio della scienza astronomica greca si fa risalire alla Scuola Ionica, quella di Talete, Anassimandro e Anassimene. In particolare essi si domandarono quale fosse il principio unico, l’arché, ossia la sostanza fondamentale che desse origine a tutta la materia. Ogni componente della Scuola diede una propria definizione di ciò che riteneva essere questo elemento primigenio. Siamo nel periodo che va dal 630 al 540 a.C. circa. Talete immaginò la Terra galleggiare sull’acqua. Sicuramente più stimolante è la versione di Anassimandro. Fu lui forse il primo a dire che i corpi celesti eseguono percorsi circolari, ed ancora più geniale fu la sua intuizione che la Terra galleggiasse nello spazio senza bisogno di alcun sostegno. Affermazione questa grandemente innovativa perché fino ad allora il concetto di qualcosa di solido che sostenesse la Terra era saldamente radicata presso tutte le culture.

Si dice che Anassimandro abbia introdotto in Grecia l’uso dello gnomone (apprendendolo probabilmente dai Babilonesi), strumento semplice ma fondamentale per tutte le misure che si compiranno negli anni successivi (molto semplicemente un’asta rigida). Ed a lui si fanno risalire le prime idee sulla convessità della superficie terrestre. Egli pensava che la Terra avesse forma cilindrica, con l’asse orientato nel senso levante-ponente.

Grande importanza riveste nella storia della cosmologia la figura di Filolao di Crotone (470 a.C. – 390 a.C.), ritenuto il primo ad aver tolto la Terra dalla posizione centrale del Cosmo. Non sarà certo un’ipotesi seguita da molti in seguito, ma rimane forse la prima visione non “soggettiva” nella storia della civiltà. Secondo il sistema da lui proposto al centro dell’universo era posto una sorta di punto focale, un ente fisico che animava il tutto, probabile dimora di Zeus. La Terra gli ruotava attorno. Interposto tra la Terra ed il fuoco centrale, Filolao pose un nuovo corpo celeste, da lui chiamato Antiterra, Antichton, la cui introduzione consentiva di arrivare al numero perfetto di dieci corpi celesti. Terra ed Antiterra avevano velocità angolare di rivoluzione attorno al fuoco centrale eguali e pure eguali erano le velocità di rotazione attorno al proprio asse. In definitiva, l’Antiterra si manteneva sempre sull’allineamento Terra-fuoco. Siccome l’emisfero terrestre abitato era solo quello rivolto all’esterno, verso il Sole, dalla Terra non si poteva vedere né l’Antiterra né il fuoco centrale. La rotazione della Terra attorno al fuoco rendeva ragione dell’alternarsi del giorno e della notte, perché l’emisfero terrestre abitato era per mezza rotazione rivolto verso il Sole, e per l’altra metà nel verso opposto. I dieci corpi celesti erano dunque: Antiterra, Terra, Luna, Sole, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno e finalmente la sfera immobile delle stelle fisse, il cui moto apparente era già spiegato, secondo Filolao, dal moto della Terra.
E’ possibile che per questa concezione del moto terrestre (durata di rivoluzione attorno al fuoco centrale eguale alla durata di rotazione terrestre attorno al proprio asse), Filolao si rifacesse al moto lunare, in quanto si sapeva fin da allora che la Luna rivolgeva sempre lo stesso emisfero alla Terra.

La concezione dell’universo secondo Filolao. Al centro il fuoco F, dimora di Zeus, poi la Terra T preceduta dall’Antiterra A che le preclude la vista del fuoco. Poi la Luna L, il Sole, e gli altri pianeti (M= Mercurio, V= Venere, Ma= Marte, G= Giove, S= Saturno). Infine la sfera immobile delle stelle fisse SF.